Ci sono libri e autori del passato che si ostinano a raccontare il presente con parole intramontabili, ne perfezionano i sentimenti, ne schiariscono le idee, ne colgono l’essenza. Corrimano Edizioni ha scelto di raccontare le voci del passato e raccoglierle in una collana di letteratura straniera: Baltimora.
Perché Baltimora? È il luogo in cui è ambientata la serie tv poliziesca di “The Wire”. Ogni stagione si concentra su un aspetto differente della città americana, raffigura un pezzo della vita urbana (La strada – Il porto – Il palazzo del potere – La scuola – La stampa). Viene composto così un puzzle che illustra la fisiologia e soprattutto la patologia dell’organismo metropolitano. Il metodo principale dell’indagine è l’intercettazione telefonica e ambientale.
«La nostra Baltimora – si legge nella descrizione della collana di Corrimano – intercetterà una serie voci del “sottosuolo” con cui si costruirà. Convocando autori eletti dall’acume tempo. Le intercettazioni pertinenti riguarderanno opere del trapassato prossimo che esibiscono quelle temperature e quei temperamenti che perfezionano il sentimento del presente, di quello che c’è (…). La porta della nostra Baltimora non può che recare come epigrafe la sentenza lirica di Robert Graves “dobbiamo rintracciare le nostre orme, o perire”».
“Foglie d’America”
di Thomas Wolfe
Primo nella lista di William Faulkner dei più grandi scrittori contemporanei, Thomas Wolfe entra a far parte del catalogo di Corrimano Edizioni con “Foglie d’America”. Una raccolta di racconti inediti, nove prose che intercettano forme guizzanti nel vento dell’America.
Le foglie che costellano le scene di queste storie sono ora lustrini, ora oggetti di cristalleria, ora depositi di segni. Mentre rende giustizia alle metamorfosi che fibrillano in America, Thomas Wolfe canta la perdita della forma nella società e nel destino dei suoi personaggi. Figura senza forma.
E allora un attore che si disorienta e si polverizza nel labirinto dei personaggi shakespeariani che interpreta è come se si congiungesse sotto il cielo d’America con il cittadino qualunque, Green, che in un altro racconto si lancia da un grattacielo spappolandosi la faccia così come si accartoccia il giornale che recava ieri la notizia della sua morte. Wolfe canta con le forme l’ombra che cancella le linee ma che non avrà vittoria finché la letteratura la sfoglierà.
“Il piede di Fanchette”
di Restif de la Bretonne
Delizioso romanzo di Restif de La Bretonne, mai tradotto prima in Italia, che racconta del concretissimo piede femminile della giovane e candida Fanchette, che scatena un paradossale turbillon di appetiti e di estasi: il desiderio per il piede fa nascere negli uomini che lo vedono, la voglia di possedere la ragazza, e per riuscirci ideano diversi piani allo scopo di rapirla, con l’inganno o con la forza. Una narrazione a tratti fiabesca, perché questa storia è una fiaba antica mescolata a nevrosi moderne, in cui il paradosso diviene cosa salda. Restif de la Bretone, autore considerato tra i migliore rappresentanti del secolo dell’Illuminismo, è stato molto apprezzato, tra gli altri, dal filosofo Friedrich Schiller e da Gesualdo Bufalino che lo definì “Inarrestabile autobiografo, capace di far diventare romanzo qualunque fatuo accidente (13.000 pagine); ossesso dal sesso (centinaia di donne); pedagogo utopista”. Feticista dei piedi femminili, ha trattato lo stesso tema anche in alcuni suo romanzi, al punto che dal suo nome deriva il termine “retifismo” che indica appunto il desiderio erotico verso piedi e scarpe femminili.
“Lo sguardo sulle cose”
di V. M. Garšin e A. P. Čechov
“Lo sguardo sulle cose” mette insieme il genio di Garšin e quello di Čechov presentando due racconti del primo e uno del secondo. Un modo per staccare l’ombra che quest’ultimo proietta e portarla in un luogo piccolo ma accogliente, in cui possa trovarsi bene e come incarnarsi. Stare in buona compagnia.
Il primo racconto “Dai ricordi del soldato Ivanov” – un racconto autobiografico, che Čechov considerava il più maturo di Garšin, fu scritto mentre lo scrittore era ospite nella tenuta di Turgenev, a Spasskoe, mentre “Il fiore rosso”, il secondo racconto, è dedicato alla memoria dello stesso Turgenev. Il racconto di Čechov che chiude la triade, “Una crisi nervosa”, fu pubblicato per la prima volta nel 1889 in un volume in memoria di Garšin e il protagonista è modellato sulla sua personalità e visione del mondo. Questi racconti sono tre ricordi e tre precordi, tre fiori rossi, tre crisi nervose. Sono tre storie i cui destini sono determinati meno dagli eventi e dalle circostanze che dall’azzardo e dalla ripidezza, ogni volta, di un personalissimo, viscerale sguardo sulle cose.
“Canti del Mid-America”
di Sherwood Anderson
C’è un canto nella matita che è stretta tra mie dita scaltre. Fuori – fuori – fuori – care parole. Le parole mi hanno salvato. C’è ritmo nella matita. Canta e oscilla. Canta un grande canto. Canta il canto della mia vita. Sta portando vita in me, nel mio posto chiuso.
Sherwood Anderson nasce a Camden, Ohio, nel 1876. Nel 1916 pubblica il suo primo romanzo, Windy McPherson’s Son, a cui segue il romanzo Marching Men (1917) e la raccolta di poesie in prosa Mid-American Chants (1918), e l’anno dopo la raccolta di racconti Winesburg, Ohio (1919), la sua opera più celebre. Muore di peritonite a Panama nel 1941 a 64 anni. Le sue lettere e memorie, pubblicate postume, avranno grande influenza su diversi autori, tra cui E. Hemingway, J. Steinbeck, F. S. Fitzgerald e J. D.Salinger.