“Biblerie” è il progetto di Marta Aiello, insegnante al Liceo Nicola Spedalieri di Catania, che ha coinvolto i suoi ragazzi in un percorso extradidattico della durata di un anno. L’obiettivo? Riscoprire il valore delle librerie come “luoghi dell’anima”, l’importanza del ruolo dei librai e della lettura di qualità. Ogni incontro si svolge in una delle librerie storiche della città come Antica Libreria, Cavallotto Librerie, Legatoria Prampolini, Libreria Pescebanana, Libreria Fenice e Lunaria, la libreria di Gammazita. Nell’intervista, Marta Aiello riflette sulle potenzialità e i rischi del web, sul ruolo da insegnante che dovrebbe essere primo esempio educando i ragazzi a scegliere libri di qualità, alla lettura come “pratica” collettiva e individuale da svolgere in ogni momento della giornata per imparare a leggere ovunque «A pezzi, a morsi, a brandelli».
Come nasce il progetto “Biblerie” e qual è l’obiettivo?
«Con l’eccezione di qualche megastore, i giovani non conoscono le librerie della città e l’idea è di fargli scoprire il contatto con i librai, persone che lavorano coi libri, che li conoscono, sanno dare un consiglio di lettura. Abbiamo molto bisogno di luoghi fisici dove collocare ricordi personali, luoghi che lentamente concorrono a costituire la mappa della nostra esistenza su quel territorio. Quando avevo l’età dei miei alunni vivevo a Palermo e andavo spesso alla Feltrinelli di Piazza Teatro Massimo. Stavo sempre sullo stesso scalino, accanto alla sezione teatro e leggevo di nascosto. A quell’epoca, ora ho 47 anni, non ti permettevano di leggere senza acquistare il libro, i commessi storcevano il naso. Questa infrazione di un divieto rendeva la mia lettura ancora più emozionante. A casa mia c’erano un sacco di libri ma non mi attraevano, non li avevo scelti io. Alla Feltrinelli, stavo di fronte a tutti gli scaffali come davanti a una pasticceria. Leggevo quello che volevo, a pezzi, a stralci riponendo continuamente il libro e riprendendolo poco dopo per non farmi rimproverare, con lunghe tirate a volte, oppure due righe soltanto. Erano fatti miei, ed era un lusso».
Essere un insegnante: che responsabilità sente di avere nei confronti dei suoi alunni?
«Un professore esprime il suo modo di essere lettore. Se un ragazzo vede che il suo insegnante non legge, che non sente l’urgenza e la necessità di farlo perché non ha tempo, perché dovrebbe farlo lui che ha la giornata zeppa di ore di lezione, compiti, sport? Con alcune eccezioni per fortuna, i professori in generale leggono poco, probabilmente impegnati comunque a leggere tutto il giorno materiali di lavoro. Le lezioni del mattino, la correzione dei compiti, le lezioni da preparare al pomeriggio, le numerosissime incombenze burocratiche, le attività progettuali, costituiscono comunque un’attività di lettura continua e ci impegnano quasi tutta la giornata. Resta poco tempo per la ricerca personale, per le letture libere, ma è davvero fondamentale ricavarselo, aggiornarsi sulle scritture del presente. Leggere altro. Siamo adulti e i giovani ci guardano. Abbiamo l’obbligo di esprimere sdegno di fronte ai fatti di cronaca come l’atto vandalico di stanotte che ha distrutto per la seconda volta la libreria La pecora elettrica di Roma. Sono fatti aberranti che si combattono solo con una visione dell’educazione davvero lungimirante, che forma coscienze vigili».
Libro cartaceo vs ebook: è davvero un aut-aut o posso convivere pacificamente? Oggi che il digitale è protagonista, come trasmettere ai ragazzi l’importanza della carta e delle librerie senza sminuire l’utilità dei nuovi strumenti?
«Il mercato ci vuole stupidi, capaci solo di ragionamenti elementari in modalità aut-aut, come se non fossimo abbastanza intelligenti per adattare le nostre scelte alle situazioni. Vale come per ogni altra cosa: l’oggetto detta il metodo. Personalmente in viaggio o al mare, porto con me un ebook. È comodo perché puoi fare cose che il libro non permette come la ricerca di una parola nel testo o di un lemma sul dizionario se sei online, la composizione di un tuo estratto personale del libro che leggi, la regolazione della luminosità. Sono strumenti preziosissimi, se sei un lettore. Ma il libro presenta altri vantaggi e sono altrettanto insostituibili. Primo fra tutti, il fatto che il libro resta. Il libro c’è. Il libro lo incontri per casa quando non te ne ricordavi nemmeno più. Al Liceo Spedalieri abbiamo un’officina di lettura che si intitola “INTERMINATI SPAZI – La letteratura circostante”, in cui i ragazzi leggono buoni libri, scritture di qualità, classici del passato (l’anno scorso i quattordicenni di una prima classe hanno letto e ampiamente dibattuto su Hemingway, Calvino, Voltaire, Orwell, Camus, Moravia, Radiguet); ma anche del presente (Ishiguro, Ammaniti, King, Baricco, Mari, Gualtieri, Arminio, Nothomb).
Consiglio loro di comprare questi libri in cartaceo, perché è bene che restino, è utile che occupino spazio nelle loro camere e che nei vari traslochi che affronteranno nella vita, li interroghino sull’opportunità di lasciarli o portarseli dietro. È bene anche che i loro libri li aspettino in casa dei genitori dopo che loro saranno andati ad abitare altrove, ed è bene che i loro figli o i loro nipoti se li ritrovino fra i piedi dopo decenni. Personalmente quando riprendo in mano un libro che ho letto quando avevo sedici anni e ci ritrovo dentro le mie sottolineature, mi si apre nella testa un file di ricordi che manco sapevo di avere più. I libri sono luoghi dove siamo stati, dove ci sono le vite che abbiamo vissuto e che per un tempo sono state la nostra, e a volte ritrovarli fisicamente perché magari ce li abbiamo da decenni lì su uno scaffale, è appunto come tornare nei luoghi dove siamo cresciuti: possono sembrarci deludenti col senno del poi, oppure restituirci la nostra consistenza.
Per anni io non ho comprato libri, non sopportavo che mi prendessero spazio. Oppure li compravo esclusivamente dopo averli letti, se ritenevo utile averli e concedergli un posto in casa. Li prendevo in prestito un po’ dappertutto, moltissimi nelle biblioteche, o da persone che conoscevo. Non ho mai avuto una visione “romantica” del libro, lo ammetto. Oggi non lo rifarei. Ho sempre letto un bel po’ e molti libri che pure ho amato, li ho dimenticati o se anche li ho comprati dopo averli letti altrove e altrimenti, mi risultavano stranieri. Non mi ci raccapezzavo, non ci trovavo dentro la mia segnaletica di segni a matita, parole-chiave, punti interrogativi. Quei libri non si ricordavano di me, non mi avevano aspettato. Non ci conoscevamo».
Quali sono i rischi del web per le nuove generazioni? Da cosa “difenderli”? Quanto Amazon ha cambiato il rapporto con le librerie?
«Non ho mai creduto nell’educazione “difensiva”, sarebbe un po’ come crescere un bambino chiuso dentro casa per difenderlo dai virus. I giovani possono fare tutte le esperienze per le quali sono ben attrezzati, bisogna che li nutriamo bene, che li facciamo crescere vigorosi. Il web è come la vita, pieno di insidie e ricchissimo di opportunità. Non dobbiamo difenderli, semmai sviluppare in loro l’automatismo della qualità. Se sei educato alla qualità delle cose, vorrai fare esperienza di molte cose scadenti, dovrai farle (sono sempre atterrita da una crescita che avviene attraverso esperienze perfette, sane, giuste) ma saprai sempre cosa è davvero la qualità, e magari prima o poi ti stuferai di tutto il resto. Amazon ha cambiato tutto solo per quelli che in libreria ci andavano già. I giovani di oggi non è che non vanno in libreria perché vanno su Amazon, semplicemente non comprano i libri».
Quali librerie sono coinvolte nel progetto? E in cosa consistono gli incontri?
«Solo quelle molto vicine al liceo N. Spedalieri, perché il progetto si svolge di mattina, durante due mie ore di italiano che ogni mese dedichiamo ad un libro che abbiamo letto tutti. Non incide così sull’attività didattica che personalmente considero preziosissima e dal cui monte ore, già così risicato, non voglio decurtare alcunché.
Gli incontri sono un dibattito, che modero personalmente, su un libro che ho scelto e che i ragazzi leggono per tutto il mese autonomamente. Sto molto attenta che lo abbiano letto davvero tutti, è importante e non è difficile capirlo. Basta andare sempre nel dettaglio del testo, chiedere di leggere alcuni passaggi specifici, e poi dal livello delle loro riflessioni si capisce quanto quella lettura li ha o meno riguardati. È molto bello vederli con questo libro in mano che durante tutto il mese si portano nello zaino per approfittare di qualche momento libero, o di qualche ennesima interrogazione su uno stesso argomento, o di qualche tempo morto. Chiedo loro di usare il libro come un cellulare, di averlo per le mani continuamente, di portarselo dappertutto. Se aspettano di leggere solo quando stanno comodamente seduti in poltrona, non leggeranno mai! Devono imparare a leggere ovunque. A pezzi, a morsi, a brandelli. Sull’autobus, alla fermata, quando aspettano il turno dal dentista, ogni volta che si stanno annoiando».
Da insegnante e da amante/promotrice della buona lettura, cosa ne pensa dell’editoria indipendente siciliana? Conosce e propone ai suoi alunni qualche casa editrice in particolare?
«La conosco poco quindi immagino che ci saranno delle eccezioni, ma in generale ho
l’impressione che il limite dell’editoria siciliana sia di pubblicare soprattutto (esclusivamente?) siciliani, di non aprirsi ad altre scritture, come se essere “locali” non potesse significare invece l’apertura a realtà diversamente “locali”. Ecco, questo mi piace poco. Tanto più che a pubblicare sempre e solo gli scrittori locali, qualche volta ne fa le spese la qualità. Al livello locale tutti conoscono tutti, scrittori, lettori, critici, recensori, si conoscono più o meno direttamente. È sbagliato. Un’operazione editoriale funziona meglio fra estranei, sorpassa i rapporti personali e dunque punta sulla scrittura in sé, più che sugli autori. Ecco, io credo che dovrebbe essere così. Lo ammetto, non ho ancora mai fatto leggere nulla che provenga dall’editoria locale indipendente ai miei alunni, perché questa generazione legge e leggerà sempre pochissimo, è avara di tempo e di disponibilità. Bisogna dargli ottime letture, roba immortale, bisogna coprirli d’oro».