La notizia della chiusura della Libreria Broadway è stata una fitta al cuore per molti palermitani, affezionati al luogo, alle iniziative e ai consigli delle due libraie Roberta e Simona Onorato che hanno iniziato l’avventura nel 2000 per concluderla oggi (in particolare il 31 ottobre), dopo diciannove anni. Il sogno del padre è diventato il loro: libri, presentazioni, laboratori, ad oggi nulla sembra essere bastato per tenere in piedi una delle librerie storiche della città. E allora le libraie si chiedono “qual è il futuro del libro e delle librerie oggi?” e lo fanno di certo con molto rammarico e senso di sconfitta. L’augurio, spiegano nell’intervista, è che si diffonda sempre di più il valore umano che c’è alla base di un’attività come una libreria, un valore che nessuno store online potrà mai restituire.
Dopo tanti anni di lavoro, impegno e sogni, la Libreria Broadway chiude. Cosa non ha funzionato? Alla luce della vostra esperienza, davvero pensate che “il libro non ha più bisogno di un luogo dedicato ad esso”, come avete scritto nel post su Facebook?
«La nostra affermazione è una lettura amara di come purtroppo le cose vadano oggi. È evidente che le scelte commerciali vincenti siano quelle in cui alla vendita del libro si affianchi la vendita di altro. Le librerie sono diventate un luogo in cui oltre ad altre cose si vende anche il libro, e non viceversa. Proprio perché invece riteniamo che il libro debba avere un luogo dedicato ad esso ricoprendone un ruolo centrale, ci siamo ritrovate nostro malgrado a constatare che di fatto l’interesse dei lettori si indirizza verso altre direzioni. Forse la nostra decisione di rimanere coerenti con questo pensiero è la cosa che non ha funzionato dal punto di vista commerciale».
In questi 19 anni, quando avete capito che qualcosa stava cambiando? Qual è stato il punto di rottura o di “non ritorno”?
«La crisi economica che investe il nostro Paese ormai da diversi anni, ha giocoforza determinato una drastica diminuzione del potere d’acquisto e del denaro che ciascuno di noi ha destinato anche, o forse soprattutto, al “cibo della mente”. Ci abbiamo messo molto impegno per contrastare questi tempi duri, ma non è bastato. Il punto di rottura è stato il momento in cui ci siamo dovute arrendere al fatto che gli introiti non ci consentivano né di pagare gli editori né di garantirci uno stipendio, seppure esiguo».
Cosa rimproverate a voi stesse come libraie? Secondo voi avete sbagliato qualcosa?
«Ci rimproveriamo il fatto di avere sentito “nostro” il progetto di nostro padre troppo tardi. Ci siamo ritrovate dentro il suo sogno molto giovani, non era la nostra causa ma la sua. Siamo cresciute in mezzo ai libri, è stato bellissimo, e lo ringrazieremo sempre per questo e per i suoi preziosi insegnamenti. Ma è giusto che ciascun individuo scopra la propria strada e la percorra. Mischiare lavoro e famiglia non è stata un’idea vincente, siamo state alla sua ombra per troppo tempo. Quando abbiamo preso in mano le redini dell’azienda, abbiamo preso contatto con una realtà economicamente in perdita, che la passione e la rinnovata voglia di farcela non sono bastate a contrastare».
C’è qualcosa che rimproverate ai lettori?
«Il lettore in quanto tale non va mai rimproverato. Forse però andrebbe maggiormente sensibilizzato ad un acquisto più critico. Ottenere on line uno sconto più alto ti fa certamente guadagnare qualche euro in più, ma ti sottrae moltissimo sul piano delle relazioni umane, del contatto personale col libraio e con il libro. Sostenere inoltre i grandi colossi dell’editoria che praticano una sleale concorrenza offrendo sconti con i quali le piccole attività non possono competere, non fa che sostenere un inevitabile appiattimento e omologazione dell’offerta culturale che il mercato dei grandi numeri impone».
In questi anni di lavoro alla Libreria Broadway avete registrato un calo di interesse verso alcuni libri in particolare rispetto ad altri più “commerciali”, più di moda?
«No. La nostra clientela ci ha sempre apprezzato per le nostre scelte non “commerciali”. La nostra proposta è stata sempre molto selettiva, non solo per i libri afferenti alla nostra specializzazione che è lo spettacolo, ma anche per i testi di narrativa, di saggistica e non in ultimo per i libri dedicati ai ragazzi».
Qual è la vostra speranza? Come combattere questo declino? E qual è, secondo voi, il futuro delle librerie e del libro?
«La nostra speranza è che non scompaiano del tutto il libro e le librerie. Che si possa instillare soprattutto nelle nuove generazioni il valore della lettura, delle relazioni umane, che si maturi la consapevolezza che i social network, per quanto aggreganti per certi versi, in realtà rischiano di portarci verso una società virtuale, che dialoga solo via web, che fa i suoi acquisti on line, che ha maturato l’abitudine di condividere solo con un click. Ci vorrebbe un piano di sensibilizzazione molto ampio, diffondere questi messaggi nelle scuole, e che gli organi deputati alla diffusione della cultura se ne facciano carico. Secondo noi, stando così le cose, il futuro del libro e delle librerie è purtroppo a serio rischio. Ma tutta la solidarietà che stiamo ricevendo in queste ore, subito dopo la comunicazione della chiusura della nostra libreria, non solo ci fa sentire meno sole, ma ci fa ben sperare in un futuro migliore. Auspichiamo che tutto questo dolore non esiti solo in una rassegnazione al fatto che tanto le cose sono destinate ad andare così. Il nostro augurio è che sia uno spunto di riflessione per tutti!»